Recentemente un nostro cliente, da sempre amante della pesca, ci ha rivolto una domanda sibillina:“Qual è la differenza tra un manager e un leader?”. All’apparenza banale, il quesito pareva risolvibile andando semplicemente a riesumare qualche citazione comunicativa ad effetto, del tipo: “Managers do things right. Leaders do the right things[1]”. Poi, di punto in bianco, ci è tornato in mente un aneddoto carico di significato che, da solo, sarebbe stato in grado di sciogliere ogni dubbio. Eccolo:
“Un aereo charter stava sorvolando una catena montuosa in pieno inverno. Improvvisamente, il pilota si rese conto che i motori avevano smesso di funzionare. Incapace di comunicare con la torre di controllo, si esibì con successo in un atterraggio sulla neve. Tutti i passeggeri uscirono indenni dall’accaduto, ma il velivolo perse un’ala e parte della coda. Inizialmente le persone tentarono di fronteggiare la situazione, limitandosi a rispettare alcune regole basilari di sopravvivenza.
Dopo circa sei ore di caos, si fece aventi un passeggero che chiese di essere ascoltato:
“Il mio nome è Jerry Burton. Sono certo che le ricerche siano già partite, ma non credo che il ritrovamento dell’aereo sia altrettanto rapido, visto che gli apparecchi radio sono inutilizzabili. Ritengo sia fondamentale restare uniti, evitando di avventurarci per queste montagne pericolose. Sono un ingegnere meccanico, direttore generale di una società con 1'200 dipendenti. Se lo vorrete, sarò lieto mettervi a disposizione la mia esperienza organizzativa. Inizierei col nominare delle persone di riferimento: un responsabile per la distribuzione dei generi alimentari, uno per la sistemazione logistica (…)”.
A questo punto si inserì un altro passeggero:
“Mi chiamo Alan Foster e vorrei ringraziare Jerry per il suo impegno sul fronte organizzativo. Desidero, tuttavia, condividere con voi la mia opinione. Sono una guida di alta montagna e credo pertanto di sapere come muovermi sulle cime innevate. A giudicare dalla vegetazione, questo altopiano si trova a circa novecento metri di altitudine. L’idea di attendere i soccorsi è saggia, ma solo se basata sulla fortuna di essere ritrovati entro cinque giorni. Dopodiché i nostri viveri saranno esauriti. Sono certo che proseguendo in direzione sud verso valle, troveremo case e centri abitati. Forza, dobbiamo creare un team dinamico e coeso per tentare l’impresa! Quanti di voi si offrono volontari per accompagnarmi in questa avventura?”
Chi assunse la leadership dei sopravvissuti? La risposta è scontata: Alan Foster! Ma perché una semplice guida di montagna ebbe il sopravvento su un laureato e sperimentato timoniere di azienda?
Il motivo è semplice. Jerry Burton si è limitato a illustrare una classica riorganizzazione di stile manageriale, promuovendo un programma orientato alla protezione dello status quo, quindi senza prospettare una sfida alla ricerca di soluzioni.
Alan Foster, spronando i sopravvissuti a diventare parte integrante della sua visione, ha lavorato sulla metamorfosi delle persone, accompagnandole dallo stadio dell’indifferenza a quello della propositività, scuotendole dalla staticità e coltivandone l’empowerment.
È probabile che, in accordo con il pensiero di Kuan-Tsen, nonché con la passione del nostro cliente, si sia reso conto che “Se dai un pesce a un uomo, si nutrirà una sola volta. Se gli insegni a pescare, mangerà tutta la vita”.
[1]I manager fanno le cose bene (things right). I leader fanno le cose importanti (right things).
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